Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il Re prega, Milano, Treves, 1874.djvu/397

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compagnia di don Gabriele, l’ex-attore dei pupazzi e di un gesuita francese chiamato il P. Buzelin. Parlarono di arte, di religione, di politica. Don Diego sembrava ritenuto dalla presenza di quel gesuita, amico del colonnello, ma cui egli non conosceva. Non dissimulò pertanto il suo giudizio sulla basilica di san Pietro. Egli trovava che il berretto di Michelangelo era troppo grande per covrire il papato per la grazia dei re, quale era escito dal congresso di Vienna, — una Chiesa cattolica sotto la protezione e la sorveglianza della polizia e della gendarmeria dell’Austria. Sembra un vaneggiamento! L’Austria del 1847 fu poscia surrogata dalla Francia. E questa nazione tiene oggi nel mondo morale il posto della Spagna e dei principi italiani di quell’epoca! C’è da ghignare al muso del progresso. A quel tempo, malgrado ciò, non si parlava ancora della Francia. Berryer non aveva ancora strappato dalle canne di Rouher il famoso jamais! che fece palpitar di gioia il cuore cosmopolita della mogliera del vincitore nobilissimo di Solferino. Thiers non aveva ancora dichiarata la guerra in petto all’Italia, recitando innanzi allo specchio la parte di un Goffredo del papato. Don Diego trovava altresì che san Pietro era troppo grande, per ripercuotere per fino gli echi di una assemblea nazionale italiana. Di maniera che quel monumento sorpassava le proporzioni del suo destino presente e futuro.

— Ah! soggiunse poscia il vescovo di Satana, ah! se la Chiesa cattolica divenisse un giorno la chiesa democratica, senza papa ma con dei concili