Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il Re prega, Milano, Treves, 1874.djvu/432

Da Wikisource.

— Frère a-us-si tot que vo us... Cosa è codesto? È in turco la lettera. Tu vieni a mistificarmi, mariuolo. Va al diavolo.

— Ma no, don Gennarì, tutto al più la lettera può essere in francese. È un francese che l’ha scritta. Tu non comprendi dunque questa lingua, tu?

— Puff! per chi mi prendi tu dunque, pagliaccio? La lingua di Voltaire e dei giacobini! Vade retro satana! Io sono un pio cattolico e non un empio rivoluzionario come tu.

Don Gennarino gettò la lettera. Don Gabriele la raccolse, costernato. Le difficoltà aumentavano. A chi dare ad interpretare quel foglio? Egli uscì ruminando questo pensiero e cercando fra le sue conoscenze un scienziato discreto, quando un’idea spruzzò come un razzo nel suo spirito.

— Ci sono proprio! sì, diss’egli. Lady Keith è il mio uomo! Il padre Piombini la confessava. Ella è amica del marchese, del colonnello Colini, amici del gesuita di Roma. Ella sarà prudente. Ella mi darà forse un consiglio. Io vado a mandar questa lettera a lord Parmestonne. Ah gli scellerati! gli scellerati!! lo hanno assassinato.

Don Gabriele saltò in un calessino e si fece condurre al Vomero. Era l’una dopo mezzodì. In casa lady Keith egli era conosciuto: don Gabriele vi accompagnava sovente il colonnello ed il marchese. Il portinaio lo lasciò entrare. Don Gabriele dimandò della cameriera di Milady.

— Impossibile di veder madama in questo momento, disse la cameriera.

— Ho pertanto bisogno di parlarle ad ogni costo.