Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il Re prega, Milano, Treves, 1874.djvu/48

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2200 franchi. L’era tutta la fortuna degli eredi del sarto, il salario cumulato di trent’anni di lavoro e di parecchi giorni passati senza pane.

Don Diego non si credeva così ricco.

I testimoni che firmarono l’atto di vendita, il ricevitore del registro, propagarono la novella. Tutto il borgo fu istrutto della partenza di Don Diego. Si conobbe allora la sentenza d’interdetto pronunziata dal vescovo.

— Gli sta benissimo! dicevano gli uni, — i preti sopratutto, l’arciprete il primo, e dietro a lui i piccoli borghesi che Don Diego non aveva degnato vedere.

— Benissimo, benissimo, mormoravano gli altri noccolando la testa; gli è indegno, al contrario. Cosa ha egli fatto al postutto codest’uomo? Se i gesuiti vengono a ficcare così il naso nelle nostre case e gli occhi nelle nostre coscienze, malgrado nostro, alcuno non è più sicuro del suo domani. In conclusione chi ha a lamentarsi di quel povero diavolo?

— Gli è vero! rispondevano alcuni, — i liberali.

— Via dunque! un uomo orgoglioso che ci rendeva i suoi saluti e le sue parole come se fossero pan benedetto! che aveva sempre sulle labbra un ghigno di disprezzo per tutti! Lo si sarebbe detto un intendente, un marchese, codesto figlio di mastro Tommaso.

— E’ non si tratta di codesto. Trattasi di sapere con qual diritto un vescovo gitta un povero prete sul lastrico a crepare di fame, senza cause