Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il Re prega, Milano, Treves, 1874.djvu/51

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Perocchè la povera creatura non si era vestita fin lì che del panno turchino fabbricato da lei, come tutte le altre figlie del popolo. La cameriera della contessa cuciva quella bella gonna di merinos azzurro, la quale per Bambina valeva quasi il velluto. La contessa completò il dono con uno sciallo scozzese, molticolore ma caldo, di cui il popolo minuto del napolitano si copre la testa ed avviluppa il busto, risparmiando così cuffie e cappellini.

Nei bauli, — due triste casse di legno, — il fratello e la sorella rinsaccavano alla rinfusa biancheria, libri, stoviglia di casa non troppo maltrattata dal tempo, gli abiti ancora buoni ad usare in camera, del lardo, del cacio, la coltre, le lenzuola. Essi avvolsero pure i loro due materassi tra due tavole di abete, che appoggiate su due Cavalletti formavano lettiera; i cuscini, la tela dei pagliericci. Quella povera gente cacciava dentro nelle casse tutto ciò che poteva servir loro a ristabilire altrove i penati, — quell’home sì sacro e sì caro agl’inglesi, — e ad economizzar loro qualche scudo.

Quegli apparecchi eran lugubri; si facevano in silenzio. Imperocchè ognuno di quelli oggetti aveva la sua storia dolorosa: essi ricordavano una memoria cara, un cordoglio, una miseria, una gioia, una sofferenza. Essi avevano risparmiato tal boccone di pane, tal bicchiere di vino, tal pezzetto di carne per comperare quella giarra di cristallo, quello specchietto, quella pezzuola di seta, quelle fibbie di acciaro per le scarpe del prete, per la