Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il Re prega, Milano, Treves, 1874.djvu/68

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giri. La città gli spiacque. E’ sentì, dai primi giorni, la nostalgia dell’aer puro, delle foglie verdi, del cielo e dello spazio. La gente, nondimanco, gli parve buona. Egli non fu in contatto da principio che col popolo, il quale a Napoli è caritatevole, sente e si affeziona. È un cane: ha bisogno di amare qualcuno, o qualcosa, obbedire, consacrarsi; abbaierà talvolta per non importa chi e non importa che, ma non morde giammai. La libertà di già lo corrompe. Il borghese poi è altra cosa; del pessimo, pessimo. Ma Don Diego nol conobbe che più tardi.

Aveva appena terminato d’installarsi che, un mattino, un ispettore di polizia gli si presentò in casa. Quell’uomo ruppe quasi il campanello suonando. Entrò, cappello in testa, senza salutare. Si assise senza scovrirsi il capo, senza esservi invitato lasciando Don Diego in piedi. Squadrò insolentemente Bambina. Incrociò le gambe, rimuginò dello sguardo in ogni angolo e dimandò infine, parlando alto ed in tuono corrucciato:

— Sei tu Don Diego Spani?

— Sì, signore, rispose Don Diego alquanto stupefatto dei modi del messere.

— Di Lauria?

— Di Lauria.

— Arrivato a Napoli da alcuni giorni?

— Sì, signore. Ma...

— Giù ai ma! cos’è codesto ma?

— Infine, signore, a chi ho l’onore di parlare?

— Sono io che ti parlo, replicò il poliziotto. Io sono l’ispettore di polizia del quartiere.

Don Diego salutò il destino.