Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il Re prega, Milano, Treves, 1874.djvu/92

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— Come dunque? tu mi vizii adesso?

— Ti do una ricompensa prima di dimandarti un sacrifizio.

— Vedete un po’! E qual sacrifizio don Agamennone degna dimandare a donna Ifigenia?

— Domani tu andrai a confessarti.

— Oh! oh! scoppiò Bambina ridendo. A confessarmi!

— Che vuoi, piccina mia? Siamo a Napoli: ciò è alla moda. Bisogna far dunque come tutti fanno.

— Ed ove andrò a confessarmi, di’?

— Dai gesuiti, dal loro confessore in voga, al padre Piombini che spilluzzica le anime di tutte le dame del gran mondo napoletano.

— E cosa occorre dire a quel rigattiere di cenci d’anime?

— Tutto ciò che ti passerà pel capo. Ma trattasi meno di dire che di lasciar parlare ed ascoltare. Resterai dieci minuti sotto l’alito fetido di quel monaco che t’insozzerà il viso. E che Dio ti riconduca così pura da quella gogna di corruzione come vi sarai andata, tesoro mio.

— Ciò ti farà piacere, fratello?

— Ciò è utile.

— Sia. Andrò e mi divertirò forte a giuocare di astuzia con un gesuita. Poi se non dirà che ha confessato la Vergine Maria, io rinunzio ad esser donna. Buona sera.

Mentre Don Diego se n’era andato alla Villa Reale, il commissario Campobasso si era recato dal prefetto, e questi, in seguito, dal ministro per rendergli conto dell’interrogatorio del prete.