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la bicicletta di ninì 273

l'impeto delle ruote che parevano stregate: le idee turbinanti con le ruote, si quetarono, guardò attorno, e in quel confuso bagliore, in quell'alto ricamo di piante e di rame vaporanti nell'argentea e nebbiosa luce, nulla in sulle prime distinse. La via gli pareva molto più stretta di quella che tante volte avea percorsa. Ma ben guardando, scorse sull'alto di un poggetto il meandro di un muricciolo basso e le punte aguzze de' cipressi, rigidi nella luna: Il cimitero della Nottalena dove hanno loro dormitorio i morti! Non avea sbagliato via. Avanti dunque.

Ma quando riavviata con rapidità la corsa, giunse al fine di un lungo tratto diritto, lungo tanto che la diligenza vi impiega un buon quarto d'ora a traversarlo, sentì il latrato di un cane, e un botolo sporse il muso fuor d'un cancello di spini e ringhiò con quella implacabile e vile ferocia che la secolare dimestichezza con l'uomo ha insegnato all'innocente frate lupo, come san Francesco il chiamava.

- Stupido! - gli gridò dietro Ninì, superando in due pedalate il piccolo botolo, che fra il buio e il chiaro tentò come una palla di rincorrerlo.

Ma in quel momento gli si parò davanti,