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246 parte ii - capitolo v

mata d’olea fragrans, il silenzio d’ogni vento, le aeree montagne del lago di Como bianche di neve accordantisi malinconicamente a dire che la cara stagione moriva. Sterminati i seccumi, Franco propose a sua moglie di andar in barca a Casarico per riportare all’amico Gilardoni i due primi volumi dei Mystéres du Peuple, divorati avidamente in pochi giorni, e averne il terzo. Fu deciso di partire a mezzogiorno, dopo aver posto a letto Maria. Ma prima che Maria fosse a letto comparve tutta ansante, col cappello e la mantiglia a sghimbescio, la Barborin Pasotti. Era salita dal cancello del giardinetto e si fermò sulla soglia della sala. Veniva per la prima volta dopo la perquisizione; vide i suoi amici, giunse le mani, ripetè sotto voce: «Ah Signor, ah Signor, ah Signor!» si precipitò su Luisa, la coperse di baci.

«Cara la mia tosa! Cara la mia tosa!» Avrebbe volentieri fatto altrettanto con Franco, ma Franco non gradiva certe espansioni, aveva una faccia poco incoraggiante, per cui la povera donna si accontentò di prendergli e scuotergli ambedue le mani. «Car el mè don Franco! Car el mè don Franco!» Si raccolse finalmente in braccio la Maria che le puntò le manine al petto facendo un viso simile a quello di suo padre. «Son vègia, neh? Son brütta, neh? Te piasi no? L’è nient, l’è nient, l’è nient!» E si mise a baciarle umilmente le braccia e le spalle, non osando affrontare il visetto acerbo. Poi disse a' suoi amici che aveva portato loro una bella no-