Pagina:Piccolo Mondo Moderno (Fogazzaro).djvu/414

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392 capitolo sesto.

sfuggirgli di Jeanne dalle braccia e poi nei suoi silenzi, nel turbamento del suo sguardo, quando lo incontrava, nelle strette di mano, nell’ultima, sopra tutto, così lunga, parlante. La cosa era fatale, forse; era diritto e volontà ineluttabile della natura. Il suo sangue acceso, pieno di violento impeto, si sottometteva la sua ragione, le faceva dire così. Intanto al pianterreno dell’albergo le voci andavano spegnendosi. La porta di strada fu chiusa, passi pesanti suonarono sulle scale di legno, poi sopra il suo capo. Finalmente la casa si addormentò. Piero spense la candela. Non senza rifiutare ascolto ai deboli richiami della coscienza, non senza un oscuro disprezzo di sè stesso, si stese a terra per vedere, prima di aprir l’uscio, se fra l’uscio e il pavimento entrasse lume, se la lampada a petrolio del corridoio ardesse ancora. Era spenta. Si rialzò palpitando. A misura che si preparava così, l’idea che Jeanne vegliasse, che immaginasse, che stesse in ascolto palpitando come lui, lo guadagnava sempre più. Nell’alzarsi da terra fece scricchiolar lievemente l’impiantito. Tosto udì rumore nella camera di Bassanelli. Ascoltò trattenendo il respiro; Bassanelli si era messo a camminare su e giù, dall’uscio alla finestra, senza riguardi. Alla fine si chetò. Quando Piero, dopo avere lungamente aspettato, si mosse ancora, quegli ricominciò il