Pagina:Piceno Annonario ossia Gallia Senonia illustrata Antonio Brandimarte 1825.djvu/145

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e non Metaurum. Apud clariss. Maffejum legitur in tertia linea CVRAT. TIF. MET. sed retinedum MAT. Nam in aliis quoque saxis Mataurum occurrit, non Metaurum. Queste parole non piacquero al Colucci1: pretende contro il detto, che debba scriversi Metaurense, e non Mataurense, e lo sostiene col riportare alcuni passi di Silio Italico, di Orazio, di Sidonio, e di Plinio. Non considera, che questi caddero sotto le mani de’ copisti, che li adulterarono, e che sotto le lor mani non caddero le lapidi. Io niente dubito, che debba dirsi Mataurum, e non Metaurum, come pretese il Muratori. Penso, che i Siculi edificarono il Tiferno Metaurenses, e che essendo stati cacciati dalle nostre parti dagli Umbri, come dice Plinio, ed essendo andati lunghesso il Tevere, come dicono Dionisio, e Servio, quivi edificarono un altro Tiferno in memoria di quello, che avevano abbandonato. Apparteneva alla Tribù Stellatina, come ci dicono le lapidi, per dare il suffragio nei Comizj, alla quale, come dissi, apparteneva ancora Urbino. Il di lui territorio confinava con Pitino Mergente, e ne’ decreti d’Ilario Papa2 si legge Lucifer Tifernis Metauris. Altre notizie non ho trovate appartenenti a questa Città. Non essendo segnata tra le Città della Pentapoli donate alla S. Sede, nè essendo ricordata da Anastasio Bibliotecario è segno, che non più esisteva, e che era stata già distrutta dà Goti, o dà Longobardi. S. Angelo in Vado, che succedette a Tiferno, ha la cattedra Vescovile, e fu di lui cittadino il Pontefice Clemente XIV, del mio ordine de’ Minori Conventuali. Fu egli oriundo di Borgo pace nella Diocesi, e distretto di Urbania, che prima chiamavasi Castel Durante, nacque nella terra di S. Arcangelo3 presso a Rimini li 31 Ottobre 1705,


  1. Antic. Pic. T. XV p. 167.
  2. P. 250.
  3. Questa Terra ha fatto sempre nobiltà generosa, ed ha prodotto de’ grandi uomini. Giace sopra un’ameno colle, erimane tra i fiumi Marecchia, ed Aprusia. Sette Vici furono anticamente nelle vicinanze di Rimini, de’ quali parlò il Maffei nell’arte critica lapidaria (p. 224).