Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/42

Da Wikisource.
32 CAPITOLO II

nuto da causa che colpiva i sensi e sia d’origine popolare e non scientifica, come è accaduto di parecchi luoghi d’Italia, fra i quali mi contenterò di ricordare Montemorello, poggio che limita il pittoresco orizzonte di Firenze dalla parte di settentrione e che fu chiamato così, secondo i più, per le quercie e gli abeti che gli davano la tinta bruna.

Nel più antico medio evo debbono essersi trovati in queste colline sale, salette, resedi e corti. Nel periodo longobardo e carolingio esse furono numerose nelle colline inferiori pisane, nè può credersi non ve ne fossero in questi monti livornesi, ai quali la vicinanza al mare dava qualche importanza. La denominazione Waralda, che è verisimilmente longobarda, e della quale rimane un ricordo nella voce quarata, onde anche oggi si designa un luogo delle colline di Montenero, può attestarci l’esistenza di un castello vetustissimo in questi luoghi1.

Montenero, insieme al territorio dell’antico villaggio e castello di Livorno, appartenne alla celebre contessa Matilde che nel 1103 donò, come è notissimo, alla fabbrica della Primaziale Pisana e terminata questa, ai suoi canonici, il castello e la corte di Livorno, con tutte le sue appartenenze; donazione confermata dall’imperatore Enrico V nel 1116. L’Opera poi di S. Maria di Pisa, scrive Mons. Tausch, nell’anno 1120 o nel susseguente, per mezzo di Ildebrando giudice e con-


  1. Nell’Archivio della Curia Arcivescovile di Pisa, la pergamena 58, del 962; quella segnata col numero 84 del 1007; e la 90.ma del 1013 ricordano il luogo detto Waralda, ov’era una chiesa intitolata a Santa Giulia v. e m.