Pagina:Piola - Lettere di Evasio ad Uranio.djvu/109

Da Wikisource.

103

l’aria e quelli del mare: ebbero i loro abitatori le selve e le pianure: dirò di più: uno stagno di poca acqua, una piccola gleba di terra: di più ancora una goccia di liquore, una tenuissima polvere furono ripieni di esseri viventi. In tanto numero, quanta diversità di istinti, e di inclinazioni, e di bisogni! eppure ognuno resta al suo posto, ognuno mantiene la sua specie, ognuno adempie gli ordini del Creatore. Dovrei, o Uranio, dirti qualche cosa della struttura mirabilissima de’ loro corpi; ma io non valgo a tanto, chè mi abbisognerebbero troppe cognizioni straniere alle nostre scienze; molti valenti autori hanno corso questo arringo, ed hanno provato la verità di quel detto di Plinio, che in niun luogo la natura si trova tutta, quanto ne’ suoi minimi lavori. Valga però per questa mia mancanza quel passo di Newton „idem dici potest de uniformitate, quae est in corporibus animalium….. partes illae corporis tam exquisitâ arte atque consilio fabricatae, oculi, aures, cerebrum, musculi, glandes, cor, pulmones, diaphragma, larinx, manus, alae, vesicae ad natandum, membranae pellucidae animalium quorundam oculis instar conspicillorum obductae, aliaque sensus et motus organa instinctusque in animalibus brutis et insectis: horum sane omnium conformatio prima nulli rei tribui potest, nisi