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126 | Novelle per un anno. |
nella calura quasi un alido antico, denso, che si mescolava coi tepori grassi del fimo fermentante in piccoli mucchi sui maggesi, e con le fragranze acute dei mentastri ancor vivi e delle salvie. Quell’alito denso, quei grassi tepori, queste fragranze pungenti, li avvertiva lui solo. Ella dietro le spesse siepi di fichidindia, tra gli irti ciuffi giallicci delle stoppie bruciate, sentiva, invece, correndo, come strillavano gaje al sole le calandre, e come, nell’afa dei piani, nel silenzio attonito, sonava da lontane aje, auguroso, il canto di qualche gallo; si sentiva investire, ogni tanto, dal fresco respiro refrigerante che veniva dal mare prossimo a commuover le foglie stanche, già diradate e ingiallite, dei mandorli, e quelle fitte, aguzze e cinerulee degli olivi.
Raggiunsero presto la collinetta; ma egli non si reggeva più, quasi cascava a pezzi, dalla corsa; volle sedere; tentò di far sedere anche lei, lì accanto, tirandola per la vita. Ma Ida si schermì:
— Lasciami guardare, prima. —
Cominciava a essere inquieta, entro di sè. Non voleva mostrarlo. Irritata da certe curiose, strane ostinazioni di lui, non sapeva, non voleva star ferma; voleva fuggire ancora, allontanarsi ancora; scuoterlo, distrarlo e distrarsi anche lei, finchè durava il giorno.
Di là dalla collina si stendeva una pianura sterminata, un mare di stoppie, nel quale serpeggiavano qua e là le nere vestigia della debbiatura, e qua e là anche rompeva l’irto giallore qualche cespo di cappero o di liquirizia. Laggiù laggiù, quasi all’altra riva lontana di quel vasto mare giallo, si scorgevano i tetti d’un casale tra alte pioppe nere.
Ebbene, Ida propose al marito d’arrivare fin là, fino a quel casale. Quanto ci avrebbero messo? Un’ora,