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Pagina:Pirandello - Novelle per un anno, Volume IX - Donna Mimma, Firenze, Bemporad, 1925.pdf/145

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XII. — Resti mortali. 135

faceva arricciare agli angoli il labbro con tutti quei suoi venti peluzzi irti, quasi in un digrignamento appena percettibile, di cagnolino bizzoso.

L’ultimo fu quello della spolverina grigia d’alpagà, comperata per veste da camera, come i nipoti, ridendo della compera, gli fecero notare ch’era una spolverina da viaggio, quella.

— Da viaggio? E allora parto!

— Parti? Dove vai?

— A Bergamo, da Ernesto, a salutarlo prima che vada a Genova a imbarcarsi per l’America. —

Non ci fu verso di rimuoverlo più da quell’estro di partire lì per lì. Anzi, che la sua visita per quel povero Ernesto dovesse essere un gravissimo imbarazzo piuttosto che un piacere nel trambusto in cui doveva trovarsi alla vigilia di salpar per l’America: ragione di più. E che il medico gli avesse ordinato di star tranquillo e non strapazzarsi per la sclerosi cardiaca di cui era affetto: ragione di più, anche questa. Voleva morire! Ma come, a Bergamo? morire a Bergamo, mentre Ernesto vi spiantava la casa? Sissignori, morire a Bergamo, nella casa spiantata.

Partì con quella spolverina grigia; e purtroppo la minaccia di quel pericolo che i nipoti di Roma, senza punto crederci, gli avevano fatto balenare per trattenerlo, s’avverò. La notizia fulminea della morte di zio Fifo lo stesso giorno che arrivò a Bergamo, lasciò quasi basiti i nipoti di Roma per il fatto che, pur senza crederci, l’avevano preveduta; e che, pur avendola preveduta, per quel non crederci, avessero lasciato partire lo zio.

Di quest’ultimo dispetto ai nipoti lontani e dell’altro ancor più acerbo al nipote vicino, là a Bergamo, zio Fifo, in mezzo alla confusione della casa tutta