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136 | Novelle per un anno. |
sossopra per lo sgombero, stecchito sul lettino di ferro, con la sua brava spolverina grigia da cui spuntavano i due piedini giunti, più che soddisfatto, pareva ora beato.
Tra gli altri mobili della camera scostati dalle pareti e fuori di posto, comodissimo comodissimo ci stava lui, su quel lettino di ferro che non si poteva toccare, coi quattro ceri accesi, due da capo, due da piedi; le manine intrecciate sul ventre che gli s’era un po’ gonfiato.
Pareva proprio che sorridesse, sornione, con gli occhi chiusi e quei venti spunzoncini ancora drizzati sul musetto da topo.
Difatti, il compito di venire a morire a Bergamo per maggior ristoro del nipote Ernesto in partenza per l’America, lui lo aveva assolto; ora toccava agli altri quello di rimuoverlo di lì, o per seppellirlo nel cimitero di Bergamo o per rispedirlo a Roma se lo volevano là nella tomba di famiglia.
Stimò più sbrigativo il nipote Ernesto rispedirlo a Roma e lasciare ai cugini la cura e il resto delle spese per i funerali all’arrivo: aveva i minuti contati; sarebbe arrivato a Genova appena in tempo per imbarcarsi. Malauguratamente però, nel fare la spedizione, credette che l’uso della frase “resti mortali„ invece della cruda parola “cadavere„ fosse lecito, com’era certo più gentile e pietoso; e se ne volle servire, forse a compensare il povero zio di tutte le imprecazioni che gli aveva scagliate per esser venuto a buttarglisi morto tra i piedi in un frangente come quello.
Ora ai nipoti di Roma venuti alla stazione a ricevere il feretro con molte corone di fiori e un magnifico carro funebre a quattro cavalli e più d’un centinajo