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XII. — Resti mortali. | 137 |
d’amici e conoscenti e rappresentanze di sodalizi con labari e bandiere e il parroco per la benedizione alla salma e due belle file di monache e chierici con le candele in mano; per l’uso gentile e pietoso di quella frase, l’ufficiale di dogana presentò una bolletta gravata da una multa di parecchie migliaja di lire.
— Multa? E perchè?
— Falso in denunzia.
— Falso? Che falso?
— Ma credono lor signori che si possa impunemente denunziare un feretro come resti mortali? I resti mortali sono un conto: un mucchietto d’ossa e di cenere in una cassettina di latta; e pagano per tali, secondo una loro tariffa. Un feretro è un altro conto. Per quanto piccolo, bisogna che paghi come feretro. Altra tariffa. —
Protestarono i nipoti che intenzione di frode nel cugino Ernesto non poteva esserci stata; ma, anche ammesso e non concesso che ci fosse stata, la multa, se mai, doveva pagarla chi aveva spedito e non chi riceveva. Erano pronti a pagare il di più della spesa, secondo la tariffa, trattandosi realmente di un feretro e non di resti mortali (benchè la distinzione potesse parere a prima giunta sofistica); ma, a ogni modo, la multa no, no e no. Non avevano nessuna colpa, loro. Il cugino Ernesto era partito per l’America, e responsabile dello sbaglio (non diciamo frode, per carità!) restava allora l’ufficio di spedizione alla dogana di Bergamo che s’era ricevuto a occhi chiusi e aveva “inoltrato„ come resti mortali un feretro sano. Per placare il capo-stazione chiamato a dare man forte all’ufficiale di dogana, i nipoti si mostrarono disposti a scusare, del resto, anche l’ufficio di spedizione della dogana di Bergamo, informando che