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Pagina:Pirandello - Novelle per un anno, Volume IX - Donna Mimma, Firenze, Bemporad, 1925.pdf/148

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138 Novelle per un anno.

il cugino Ernesto doveva aver spedito in quei giorni chi sa quanti colli; per cui sapendosi in città ch’egli era sul punto di lasciare l’Italia per sempre, quell’ufficiale di dogana, addetto alla spedizione, facilmente aveva potuto supporre che spedisse anche i resti mortali di qualche parente sepolto da tempo nel cimitero di Bergamo, per non lasciarli colà. La colpa, in questo caso, si riduceva soltanto a una mancata verifica. Gli volevano far pagare la multa per questo? Ecco, ma a lui sempre, la multa, se mai; mica a loro che non c’entravano nè punto nè poco.

Mentre così si discuteva nell’ufficio di dogana, fuori nello spiazzale quelli ch’eran venuti per l’accompagnamento funebre vestiti di nero e in tubino, s’erano ritratti e impalati in fila, gomito a gomito, a ridosso al muro, per ripararsi da un terribile sole d’agosto, prossimo al meriggio. C’era a mala pena, lungo quel muro, un filo d’ombra che non arrivava a riparare fino alla punta neanche i piedi; e davanti, tutte le cose, a quella vampa di sole, abbarbagliavano. Così tutti impalati, con gli occhi fuori del capo, guardavano l’enorme carro funebre, rimasto in mezzo allo spiazzale, là, ferocemente nero e dorato, e pareva ne avessero un formidabile incubo, come di quelle monache che se ne stavano impassibili, a occhi bassi, così infagottate in quelle loro tonache di pesantissimo panno marrone, con quel cappuccetto nero a capanna in capo, tutte bene appettate sotto il modestino bianco insaldato, e le candele accese in mano. Dio, quelle candele, la cui fiamma nel sole non si vedeva, e si vedeva invece il fumighìo tremolante! Ma che avveniva? Perchè non portavano il feretro? Che s’aspettava? Alcuni, più impazienti, andarono a sentire; poi a poco a