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Era stato, nel suo miglior tempo (come tanti ancora lo ricordavano), uno di quegli uomini che non si sa mai perchè siano così: ti guardano con certi occhi; ti scoppiano a ridere in faccia all’improvviso senza un perchè; o ti voltano le spalle lasciandoti in asso li per lì. Per quanto pratichi con loro, non riesci mai a imparare che diavolo covino nel fondo; sempre distratti e come assenti; benchè poi, quando meno te l’aspetti, li vedi montare sulle furie per certe cose da nulla, di cui non avresti mai supposto che si potessero accorgere: o, peggio, resti quasi avvilito per conto loro, venendo a sapere dopo qualche tempo che, per futilissimi motivi da te neanche avvertiti, ti han serbato di nascosto un profondo e velenosissimo rancore, mentre li vedi fiduciosi accordar la loro simpatia e la loro stima a cert’altri, dai quali pur sanno d’aver ricevuto male davvero, un mese addietro.
Strambo e un po’ ridicolo era anche nella figura e nel portamento. Le gambe, già sottili per sè, strette in quei calzoncini da cavallerizzo, parevano due stecchi; e su quelle gambe la giacca, sempre a due petti, gli segnava così preciso il busto, che sembrava uno di quei torsi avvitati su un gambo a tre piedi che si vedono nelle botteghe d’abiti bell’e fatti. Su quel busto, il testoncino, ritto sul collo stralungo; baffetti
5. — Pirandello. Novelle per un anno. — IX. |