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Pagina:Pirandello - Novelle per un anno, Volume XIII - Candelora, Verona, Mondadori, 1951.pdf/114

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E, ancora col cappello in capo, pestò un piede e alzò la mano guantata a un vivacissimo gesto di fastidio e di stizza.


Con quel cappello in capo la signora Moma stava, si può dire, da un anno e quattro mesi. Non se lo levava che per qualche mezz’oretta, per qualche oretta al giorno; se lo ripiantava di furia in capo, e via di nuovo, fuori di casa.

La cacciava via cosí, sempre in giro di qua e di là, una smania, non sapeva di che, una smania che le si esasperava in corpo sopratutto alla vista dei mobili della casa e specialmente alla vista del magnifico salone di ricevimento con quelle ricche tende e quelle portiere di damasco, quei quadri antichi e moderni alle pareti e quel gran pianoforte a coda del marito e quei leggii che parevano di chiesa, innanzi ai quali sedevano con gli strumenti ad arco i colleghi del marito e anche Alda, la sua bella figliuola, adesso lontana lontana, anche lei col suo violino.

Da un anno e quattro mesi era vedova la signora Moma: dell’illustre maestro Aldo Sorave. La lettera ricevuta quella mattina nella quale quel signor Giorgio la chiamava Momolina, le aveva per poco ridestato il ricordo del suo paesello nativo, di quel ferrigno borgo montano, tutto cinto di faggi, di querci e di castagni, ove un giorno il giovane maestro Sorave, sbattuto da chi sa quale tempesta, era venuto a rifugiarsi, genio incompreso, con un libretto da musicare, La bufera.

Ella era veramente Momolina, allora. Sedici anni, rosea e fresca, bellina, grassottella e placida placida. Ma s’era innamorata anche lei del giovane maestro Sorave. Se n’era innamorata forse perché tutte le ragazze del paese se ne erano innamorate. Non aveva mai però compreso bene perché egli fra tante avesse scelto lei, proprio lei, che certo gli s’era mostrata meno accesa di tutte le altre; tanto che innanzi a lui non aveva saputo se non arrossire e balbettare; e, forzata a dirgli qualche cosa, gli aveva dichiarato candidamente di non capir nulla, lei, né di musica, né di poesia, né d’alcun’altra arte.