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il signore della nave | 23 |
tratto fuori dalla chiesa, sorretto da un chierico pallido e seguíto da alcuni preti digiuni, col càmice e la stola.
Due porcelloni, per loro somma ventura scampati al macello, sdrajati a piè d’un fico, vedendo passare quella processione, m’è parso si guardassero tra loro come per dirsi:
— Ecco, fratello, vedi? e poi dicono che i porci siamo noi.
Mi sentii fino all’anima ferire da quello sguardo, e fissai anch’io la folla ubriaca che mi passava davanti. Ma no, no, ecco — oh consolazione! — vidi che piangeva, piangeva tutta quella folla ubriaca, singhiozzava, si dava pugni sul petto, si strappava i capelli scarmigliati, cempennando, barellando dietro a quel Cristo flagellato. S’era mangiato il porco, sí, s’era ubriacata, è vero, ma ora piangeva disperatamente dietro a quel suo Cristo, l’umanità.
— Morire scannate è niente, o stupidissime bestie! — io allora esclamai, trionfante. — Voi, o porci, la passate grassa e in pace la vostra vita, finché vi dura. Guardate a questa degli uomini adesso! Si sono imbestiati, si sono ubriacati, ed eccoli qua che piangono ora inconsolabilmente, dietro a questo loro Cristo sanguinante su la Croce nera! eccoli qua che piangono il porco che si sono mangiato! E volete una tragedia piú tragedia di questa?