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la rosa | 53 |
niva il difficile; sfilare i braccini dalle maniche del giubbetto alla cacciatora: su, piano piano, con l’ajuto della serva.... non cosí, di qua... sí, giú... piano... piano, ecco fatto! E ora da quest’altra parte...
— No, amore... Sí, qua, qua con la mamma tua... è mamma tua qua... Lasciate, faccio da me... Rimboccate la coperta, piuttosto... sí, costà, pian pianino...
Ma perché poi cosí tanto pian pianino?
A un anno appena dalla tragica morte del marito voleva proprio andare a ballare? No, non sarebbe andata forse la signora Lucietta, se tutt’a un tratto, uscita dalla camera da letto nell’attigua saletta d’ingresso, non avesse visto davanti la finestra chiusa di quella saletta un prodigio, un vero prodigio.
Stava da tanti giorni in quel quartierino d’affitto, e non s’era neanche accorta che davanti la finestra della saletta d’ingresso ci fosse un vecchio portafiori di legno, tutto impolverato.
In quel portafiori, quasi all’improvviso, fuor di stagione, era sbocciata una magnifica rosa rossa.
La signora Lucietta restò dapprima a mirarla, stupita tra lo smortume della tappezzeria grigiastra di quella sudicia saletta. Poi, dalla gioja di quella rosa rossa ebbe come un tuffo nel sangue. Vide vivo lí in quella rosa il suo desiderio ardente di godere una notte almeno. E liberatasi d’un tratto dalla perplessità che finora la aveva tenuta, dall’orrore dello spettro del marito, dal pensiero dei figli, corse, staccò dal gambo quella rosa e istintivamente, presentandosi davanti allo specchio su la mensola, se la accostò al capo.
Sí, là! Con quella sola rosa tra i capelli sarebbe andata alla festa, e i suoi vent’anni, e la sua gioja vestita di nero...
— Via!
IV
Fu l’ebbrezza, fu il delirio, fu la pazzia.
Al suo primo apparire, quando già quasi tutti avevano perduto la speranza ch’ella venisse, le tre cupe sale del Circolo a pianterreno, divise da due larghe arcate, mala-