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60 | luigi pirandello |
crudele sofferenza gli s’acuiva di punto in punto negli occhi.
Intuí tutto in un lampo la signora Lucietta, e n’ebbe come uno schianto. Ma in quell’attimo d’angosciosa perplessità, di fronte alla sfida di quei sette impudenti sconfitti che seguitavano a strillarle intorno con furia dilaniatrice:
— Ecco! ecco, vede? Lo dice lei, ma non lo dice lui!
— Come non lo dice? — gridò, lasciando prevalere, tra il guizzare e il cozzare di tanti opposti sentimenti, il dispetto.
E, facendosi innanzi al Silvagni, agitata da un fremito convulso, guardandolo negli occhi, gli domandò:
— Può lei credere sul serio che, offrendole codesta rosa, io abbia voluto farle una dichiarazione?
Fausto Silvagni restò un momento a guardarla con quel sorriso squallido di nuovo sulle labbra.
Povera fatina, forzata dall’impeto bestiale di quegli uomini a uscire dal cerchio magico di quella pura gioja, di quell’innocente ebbrezza, nella quale come una pazzerella s’era aggirata! Ecco che ora, pur di difendere di tra l’accanimento dei brutali appetiti di quegli uomini l’innocenza del dono di quella rosa, l’innocenza di quella sua folle gioja d’una sera, esigeva da lui la rinunzia a un amore che sarebbe durato per tutta la vita, una risposta che valesse per ora e per sempre, la risposta che doveva far subito appassire tra le sue dita quella rosa.
Sorgendo in piedi e guardando con fredda fermezza quegli uomini negli occhi, disse:
— Non solo non posso crederlo io; ma stia sicura che non lo crederà mai nessuno, signora. Ecco a lei la rosa; io non posso, la butti via lei.
La signora Lucietta riprese con mano non ben ferma quella rosa e la buttò via in un canto.
— Ecco, sí... grazie... — disse; sapendo bene ormai ciò che con quella rosa d’un momento aveva buttato via per sempre.