Pagina:Pisacane - Saggio sulla rivoluzione.djvu/218

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tiva per garantirsi, essi sono stati sempre schiavi, sempre tiranneggiati, durante la rivoluzione, e dopo la rivoluzione. La Grecia ebbe tutto a creare, ed in luogo di abbandonarsi liberamente alle proprie ispirazioni, prese norma da’ Stati che si dicevano inciviliti, ritornò serva. In Italia, le istituzioni in vigore sono tali, tali le abitudini dei pubblici funzionari, i quali si credono i padroni, non già i servitori del popolo, che se concederemo dieci gradi di potere ad un governo, esso, indubitatamente, ne usurperà altri dieci. Guai a noi se ci faremo a ritoccare e correggere l’antica legislazione, a conservare le vecchie basi, la vecchia orditura, noi non usciremo dalla schiavitù, ma stringeremo, complicheremo le nostre catene. Gli Italiani debbono spianare affatto il vecchio edifizio, e lasciare che i rapporti fra i cittadini nei comuni, e quelli de’ comuni fra loro, vadano creandosi da sè, non assegnando loro altra norma che leggi di natura ed il Cristo passato. La nazione essa medesima prenderà l’equilibrio sul suo vero centro di gravità. Per condurre la guerra, basta un centro, come diremo, ove facendo capo i mezzi che la nazione vorrà impiegarvi, verranno diretti contro il nemico.

Nell’antica Roma il potere dittatoriale non poneva in nessun rischio la libertà; il paese era già costituito, le leggi quali si convenivano ad un popolo libero, e queste leggi tacevano pel breve tempo che durava la dittatura, quindi riprendevano vigore. Eravi, inoltre, un potente patriziato, quasi tutti già generali di eserciti, guarentigia bastante contro ogni usurpazione. Nè la dittatura doveva dar leggi o educare un popolo; essa era dittatura militare e non civile, e fu creata dai patrizii onde contrapporla al potere tribunizio. Propugnare in Italia una dittatura educatrice ed educatrice a libertà, è tale enigma, è tale frase che altro non racchiude, che una manifesta contraddizione.