Pagina:Platone - Fedro, Dalbono, 1869.djvu/39

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poi egli deve finirla, cangiando il principe e padrone dell’animo suo, cioè l’intelletto ed il senno, che viene al luogo dell’amore e della follia, diventa egli tutt’altra cosa, senza che il suo amato se ne avvegga. Anzi costui gli domanderà compenso de’favori di un tempo, rammentandogli le cose fatte e dette da lui, come se parlasse con lo stesso uomo di prima, ed egli per vergogna non ha coraggio di dire che è diventato un altro, nè può mantenere i giuramenti e le promesse fatte sotto l’antico impero della sua mente inferma, già ripigliato il senno e ritornato in sanità, per tema che, facendo le stesse cose di prima, non avesse a divenir simile e un’altra volta lo stesso di quel ch’era un tempo. Si fa dunque disertore sul momento, ed abbandonato per forza quello che prima amava, mostrando il rovescio della medaglia, si muta in fuggitivo. Colui d’altra parte si affatica ad inseguirlo sdegnandosi ed imprecando, per avere ignorato al tutto fin d a principio ch’egli non doveva mai concedere i suoi favori ad un uomo innamorato e necessariamente nello stato di follia, ma piuttosto ad uno che non fosse nello stato di passione, e che avesse il suo senno intero; se no, avrebbe dovuto darsi per forza tutto quanto ad un uomo senza fede, fastidioso, pieno d’invidia, spiacevole, e pernicioso ai beni posseduti, e pernicioso alla sanità del corpo, e perni-