Pagina:Poe - Eureka, 1902.djvu/68

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EUREKA. 68 riguarda 1’esistenza positiva delle nebulose, un'esistenza tanto confidentemente sostenuta dai suoi astronomi contemporanei, egli faceva minor assegnamento su ciò che vedeva che su ciò che udiva. Si vedrà che le sole objezioni valide contro la sua teoria sono quelle fatte contro la sua ipotesi considerata come tale contro ciò che la suggerì e non contro ciò che essa suggerisce, contro le sue proposizioni più tosto che contro i suoi risultati. L’ipotesi meno giustificata di Laplace era quella di dare agli atomi un movimento verso un centro, malgrado che egli comprendesse evidentemente che questi atomi si estendono in una successione illimitata in tutto lo spazio Universale. Io ho già dimostrato che in tali circostanze non poteva succedere alcun movimento, e per conseguenza Laplace ne ammetteva uno su di una base tanto poco filosofica quanto poco necessaria per stabilire ciò che voleva stabilire. La sua idea originale pare sia stata un composto dei veri atomi di Epicuro colle pseudo-nebulose dei suoi contemporanei, e cosi la sua teoria si presenta a noi colla singolare anomalia della verità assoluta, dedotta come risultato matematico da un ibrido datum dell'antica imaginazione intrecciata colla moderna mancanza di acume. La forza reale di Laplace sta, in fatto, in un istinto matematico quasi miracoloso: egli aveva fede in quest'istinto e mai esso gli mancò, mai lo ingannò : — nel caso della Cosmogonia Nebulare l’istinto lo condusse, ad occhi bendati, attraverso un labirinto di errori in uno dei più luminosi e stupendi templi della Verità. X. Imaginiamo, per un momento, che il primo anello pro- jettato dal Sole, cioè l’anello che rompendosi formò Nettuno, non si rompa realmente finché non avviene la projezione dell anello dal quale nacque Urano; che quest’ultimo anello rimanga di nuovo intatto finché avvenga 1'emissione di quell'anello dal quale nacque Saturno; che quest'ultimo di nuovo rimanga intero finché avvenga l’emissione di quella forma che originò Giove — e cosi via. Imaginiamo, in una parola, che non avvenga nessuna dissoluzione negli anelli fino all'emissione finale di quello che diede origine a Mer- ourio. Noi cosi ci dipingiamo, agli occhi della mente, una serie di cerchi concentrici coesistenti, e considerandoli tanto in essi stessi quanto nei procedimenti per cui, secondo, l’ipotesi di Laplace, essi furono costrutti, noi vediamo subito un'analogia molto singolare cogli strati atomici ed i pro.- cessi dell’ irradiazione, originale come io 1’ ho descritta. È