Pagina:Poe - Storie incredibili, 1869.djvu/112

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alto, fissò il cielo conturbato di lievi nubi e la luna tinta di sangue. Ed io me ’n giaceva tutto rannicchiato tra le ninfee, tutt’occhi sulla persona di quell’uomo strano. Ed egli in mezzo a quella solitudine tremava; — ma intanto la notte si faceva alta, ed ei perdurava immobile sulla roccia.


E l’uomo stornò dal cielo lo sguardo, e lo diresse sul lugubre fiume Zaira, su quelle acque gialle e di morte, sulle pallenti legioni delle ninfee. Ed egli ascoltava attento i sospiri delle ninfee e il cupo mormorio che da queste si alzava. Ed io me ne stava accoccolato in quel mio nascondiglio, tutte espiando le azioni dell’uomo. E l’uomo tremava nella solitudine; — e intanto la notte avanzava, ed e’ perdurava assiso sopra la roccia.


Allora mi spinsi nelle più remote parti del padule, calpestando i pieghevoli capi delle ninfee e chiamando gli ippopotami, abitatori dei gorghi profondi del padule. E gl’ippopotami intesero la mia chiamata e si recarono in compagnia dei serpenti tortuosi1, sino a piè della roccia, e misero alti e spaventosi ruggiti, sotto la luna. Io

  1. Serpenti tortuosi. Animali misteriosi, di cui i rabbini riferiscono cose piene di meraviglia, sostenendo essere questi riservati pel banchetto degli eletti, che avrà luogo alla fine del mondo. Serpenti tortuosi è però generica espressione, chè nel testo leggesi bemoth al plurale, che puossi interpretare, secondo il genio della lingua ebraica, la gran bestia; di cui si legge al c. 40, r. 10 di Giobbe.
    Secondo il senso della poesia del Poe, i serpenti tortuosi, potrebbero benissimo interpretarsi per coccodrilli.

    B. E. M.