Pagina:Poemetti allegorico-didattici del secolo XIII, 1941 – BEIC 1894103.djvu/172

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166 poemetti allegorico-didattici

pensò d’essere in Roma a la stagione,
quand’ella dispensava i nuov’onori:
poi ch’ieran cassi i suoi procuratori,
non potean per lui far domandagione.

    Èvi com’e’ da’ Sanator’ gravato 85
si tenne, e scrisse loro in cotal guisa;
e mandò due trebun’ ’nanz’ il Sanato,
chiese ’l trionfo sanz’altra contesa;
dipinto v’è come fue refusato,
e la guerra che fue per quello impresa:
giunse in Ravenna e non fece dimoro,
fece tagliar dall’una parte il muro,
sí che l’uscita no li fue contesa.

     E di lá mosse ogni sua legione, 86
quando la notte fu scura venuta;
e non restò, sí venne al Rubicone,
un fiume ch’iera di grande parute;
èvi la legge, ch’a quella stagione
iera dal mondo dottata e temuta:
chi contra Roma armato lá passasse
nemico de’ Roman’ sí s’appellasse,
e nulla scusa n’iera ricevuta.

     Cesare stando a la riva pensoso, 87
dipinto v’è come vid’apparire
una forma d’aspetto assai dottoso:
femina scapigliata iera ’n parere,
e diceva con gran pianto pietoso:
«Figliuoli, ove volete voi venire?
recate voi incontr’a me mie ’nsegne?
per pace metter sarebber piú degne:
pensate ben che ne puot’avenire».

     Cesare, ch’iera pien di grande ’ngegno, 88
si propensò ched’imagine fosse,