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172 poemetti allegorico-didattici

e fecesi ammenare un gran torone,
e lavogli la fronte con buon vino,
e poi pres’un coltello il gran devino,
e miseglile su dal gargazzone.

     Dipinto v’è come sparar lo fece, 107
e vide nel polmon due mastre vene:
e l’una per Pompeo puos’ ’n sua vece,
e l’altra, disse, a Cesar s’appertene;
ma quella di Pompeo morta si fece,
quella di Cesar forte battea bene;
allor parlò e cominciò a dire:
«Non ha mistier di dir ch’uom può vedere;
i’ veggio Roma venir in gran pene».

     Ed èvi Figulusso il nogromante, 108
che mastro grande fu d’astorlogia:
tutte le dolci stelle a reo sembiante,
in ciel guardando, apparir le vedea;
altro che Marsi no gli era davante,
ch’assai battaglia e guerra impromettea;
ed Orione, ch’è stella da guerra,
avea raggi di color di ferra;
onde la gente molto sbigottia.

     Ed una cosa v’è pinta e formata, 109
che sbigottí i Romani: una matrona,
ch’andava in aria scinta e scapigliata,
e chiamava Tessaglia e Macedonia;
gridando somigliava forsennata:
la gente la temea piú che le tuona;
contava i luoghi ove fuôr le battaglie,
infino in oriente, e ’l piú Tessaglie:
pianger facea la gente e ria e buona.

     Le donne sonvi ch’andâr forsennate 110
per li templi di Roma dolorando,