Pagina:Poemetti allegorico-didattici del secolo XIII, 1941 – BEIC 1894103.djvu/179

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l’intelligenza 173

con lor vil drappi, scinte e scapigliate,
di luogo in luogo i lor petti picchiando;
le genti stavan tutte isgomentate,
givan li strani populi chiamando:
«Vegna sopra di noi chi vuol venire,
ch’assai peggio c’è viver che morire»;
tuttor lor duca andavan bestemmiando.

     Standosi li Romani in gran dottanza, 111
v’è tutto com’andò Brutto a Catone:
«Il mondo guarda tutto in tua leanza,
di qual tu prenderai d’esta questione;
Cesar vorrebbe ben tua nimistanza,
che fossi con Pompeo, per tal cagione
che, se vincesse, onor maggio li monta,
e, se perdesse, li fora men onta
esser vinto dai buoni, ed a ragione».

     Ed èvi come disse: «I’ loderei, 112
poi che ciascun di questi duc’ha ’l torto,
che, qual che battagliasse, i’ mi starei
infin a tanto che l’un fosse morto;
e poi coll’altro guerra impiglierei,
che rea vittoria non pigliasse porto;
ché non guerreggian per pro comunale,
ma ciascun per tener maggior suo stale;
i’ vegno a te per prenderne conforto».

     Ciò che parlò Catone e disse a Brutto, 113
tutto dipinto v’è come convene:
«Fortuna mena e traie ’l mondo tutto,
e i savi portan de’ matti le pene;
de le straniere genti fie ’l corrotto;
que’ comperranno la colpa e le mene;
il mondo ne fie tutto scomunato,
ed i’ vorrei il capo aver tagliato,
per la salvezza del comune bene.