Pagina:Poemetti allegorico-didattici del secolo XIII, 1941 – BEIC 1894103.djvu/223

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l’intelligenza 217

parea ch’al ciel n’andsse lo clamore.
«Dolze figliuolo!» diceva Ecubà.
«Signor!» dicea la moglie Andromadà.
Piangean quasi le pietre per su’ amore.

    Èvi si com’Ettòre imbalsimaro, 272
e fecerli una ricca sepoltura;
e’ santi clergi l’aromatizzaro,
d’un palio imperial fêr covertura;
tre imagini li mastri v’intagliaro,
con tre lampane di grande chiarura.
Passato l’anno fecer l’anovale,
come s’usava, a la guisa reale,
ov’Accillesse innamorò allora.

     La bella Pollisena Ettòr piangea, 273
quand’Accillesse sorprese d’amore,
di guisa che posar giá non potea,
sí tenea la bieltá sua preso ’l core.
Mandò un messo, s’a ’Cuba piacea,
che non sarebbe piú combattitore
sopr’ai Troiani Accille, né sua gente:
i Greci al padiglion venìar sovente,
merzé cherendo e faccendo clamore.

     Tutto v’è com’Accille ruppe ’l patto 274
e feci’ armare i suoi Mirmidonesi,
cui i Troian’ non risparmiavan tratto;
quel giorno molti ne fuoron conquisi.
Armòs’Accille ed entrò nel baratto;
uccis’ev’Eifebusso in tra’ Grecesi;
allor fallìo malamente Accillesse;
fedì Parigi ’l buon Palamidesse,
d’una saietta a le ven’organesi.

     Poi v’è dipinto com’egli ordinaro 275
d’uccidere Accillesse in tradigione;