Pagina:Poemetti allegorico-didattici del secolo XIII, 1941 – BEIC 1894103.djvu/297

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il fiore 291

CXX

Falsembiante.

     «Questo buon uom volea ch’i’ rinnegasse
mendichitá e gisse lavorando,
s’i’ non avea che mia vita passando
4potesse, sanza ch’altro domandasse.
A quel consiglio mai non m’accordasse:
tropp’è gran noia l’andar travagliando!
Megli’ amo stare davante adorando
8ched i’ a lavorar m’affaticasse.
     Ché ’l lavorar sí non mi può piacere,
néd a ciò consentir non mi poria,
11ché molte volte fallarei in dolere.
Piú amo il manto di Pappalardia
portar, perciò che gli è maggior savere,
14ché di lui cuopr’ io mia gran rinaldia.»

CXXI

Falsembiante.

     «I’ sí non ho piú cura d’ermitaggi,
né di star in diserti né ’n foresta,
ché vi cade sovente la tempesta:
4sí chito a San Giovanni que’ boscaggi!
In cittadi e ’n castella fo mie’ staggi
mostrando ched i’ faccia vita agresta;
ma s’alla villa buon morsel s’arresta,
8e’ pur convien per forza ch’i’ n’assaggi.
     E vo dicendo ch’i’ vo fuor del mondo,
per ch’i’ mi giuochi in sale e in palagi;
11ma chi vuol dire vero, i’ mi v’affondo.
S’i’posso trovar via d’aver grand’agi,
or siate certo ch’i’ non mi nascondo
14.    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .