Pagina:Poemetti italiani, vol. IV.djvu/160

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     O candido censor di quante vergo,
Di vigile lucerna al cheto lume
O sul roseo mattin, delfiche carte,
Caro alle muse ed al cetrato Apollo,
Del mio libero canto oggi tu sei
L’auspice degno; e nel sermon de’ numi
M’udrai narrarti qual tessendo inganno
Io vada agli ozi del pomoso autunno
In questa solitudine tranquilla,
Dove inculta Natura offremi intorno
Sparse sul monte antiche selve e case,
Rustica vista. Ma ben altre ascendo,
Su’ forti vanni onde m’impenna il tergo
La severa d’Urania amica destra,
A vagheggiar non conosciute piagge