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     Simile è il duol ch’io provo a quei che prova
Entro ’l materno seno affanni amari,
Quando torna ove giacque e più non trova
La domestica cagna i parti cari,
Che ogni angol cerca e i gemiti rinnova
Mentr’apre indarno ad indagar le nari.
Tal io m’aggiro intorno: amor mi sprona,
Smanio e tutta la reggia Alceste suona.

     Al fin da un mio fedel, che inosservato,
Quand’ella al bosco sacro i passi torse,
Vide tutto il successo e dall’aguato
Pronto uscì quando cadde e la soccorse,
Seppi il loco i suoi detti ed il suo stato,
E come aìta per pietà le porse.
Colà m’affretto e sul terren distesa
La trovo (ahi vista rea!) dal morbo offesa.

     L’ira di morte non le aveva tolta
Tutta dal volto la beltade ancora.
Rosa parea che sul mattin fu colta,
E a sera poi s’infievolisce e sfiora.
Apre i languidi lumi e a me li volta,
Quanto languisce più, più m’innamora.
Non dimostra viltà, ma pur di pianto
Gli occhi pietosi avea tumidi alquanto.