Pagina:Poemetti italiani, vol. XII.djvu/237

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     Io non vo’ dir ch’abbia Teresa attinto
110Da soli carmi tanta gentilezza;
Chè profuse natura in lei l’istinto
Di grata inimitabile dolcezza,
Ond’è che forma il centro e la delizia
Di chi seco divide l’amicizia.

     115Oh nome augusto, cui profana schiera
Osa vantar nutrendo affetti pravi,
Tu di sabil piacer origin vera
Ch’hai di quest’alma le secure chiavi,
Tu sì che regni in lei soave e pura,
120Riverbero fedel della natura.

     Non è sì terso limpido ruscello,
O superficie di ridente lago,
Come il suo core d’amistà modello
Di cui sul viso ne traspar l’immago;
125Infin dell’artifizio femminile
Ella non copia l’ordinario stile.

     Ma dove lascio il maritale affetto
Che ferve in lei come nel dì primiero
Che allo sposo sensibile diletto
130Giurò sull’ara il fido amor sincero,
E la materna tenerezza ond’ella
Vezzeggia la sua prole tenerella.