Pagina:Poemi conviviali (1905).djvu/32

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12 il cieco di chio

il vostro coro, grande meraviglia,
in cui nessuna di te meglio scosse
i procellosi crotali d’argento.
Ed il nocchiero su la nave nera
25l’albero drizza, ed in su trae le pietre,
le gravi pietre su cui dondolando
dorme la nave nel loquace porto.
Ora un nocchiero addimandai: Nocchiero,
vago per l’onde come smergo ombroso,
30dài ch’alla nave il pio cantore ascenda?
cieco uomo, e vive nella scabra Chio.
Così te veda un ospite all’approdo.
Tanto io gli dissi. Egli assentì; chè grande
è del cantore, ben che nudo e cieco,
35la grazia in uno ardor di venti, in una
ai cuori alati ritrosia di calma.


     E di qual dono, o Deliàs, partendo,
né so per dove, su la nave nera,
posso bearti il giovanetto cuore?
40Chè non possiedo, fuor della bisaccia
lacera, nulla, e dell’eburnea cetra.
E il canto, industre che pur sia, non m’offre
se non un colmo calice ed un tocco
di pingue verro e, terminato il canto,
45una lunga nel cuore eco di gioia.
Io cieco vo lungo l’alterna voce
del grigio mare; sotto un pino io dormo,
dai pomi avari: se non se talora
m’annunzïò, per luoghi soli, stalle
50di mandrïani un subito latrato;
o, mentre erravo tra la neve e il vento,
la vampa da un aperto uscio improvvisa