E Pan l’eterno che su l’erme alture
A quell’ora e ne i pian solingo va
Il dissidio, o mortal, de le tue cure 64Ne la diva armonia sommergerà. —
Ed io — Lontano, oltre Apennin, m’aspetta
La Tittí — rispondea — ; lasciatem’ ire.
È la Tittí come una passeretta, 68Ma non ha penne per il suo vestire.
E mangia altro che bacche di cipresso;
Né io sono per anche un manzoniano
Che tiri quattro paghe per il lesso. 72Addio cipressi! addio, dolce mio piano! —
— Che vuoi che diciam dunque al cimitero
Dove la nonna tua sepolta sta? —
E fuggíano, e pareano un corteo nero 76Che brontolando in fretta in fretta va.
Di cima al poggio allor, dal cimitero,
Giú de’ cipressi per la verde via,
Alta, solenne, vestita di nero 80Parvemi riveder nonna Lucia;
La signora Lucia, da la cui bocca,
Tra l’ondeggiar de i candidi capelli,
La favella toscana, ch’è sí sciocca 84Nel manzonismo de gli stenterelli,