Delle Muse all’invito impazïenti
Corsero i Vati al Tebro, e non pria uditi
39Gl’insegnaro a ridir febei concenti.
Maro gli affanni allora, e gl’infiniti
Cantò dal Teucro Eroe varcati orrori
42Seguendo il fato, i venti, i Lazii liti.
Narrò Tibullo i suoi teneri ardori
Dolci note accordando a flebil cetra,
45Che Amor di propria man spargea di fiori:
E mentre ei Delia e la vezzosa all’etra
Nemesi alzava, i forti inni sciogliea
48Il Venosin dalla Dircea faretra,
Ond’or bei nomi al tardo obblìo togliea,
Ed or di rose intatte, e mirtee fronde
51Serti a Glicera e a Lalage tessea.
Chiare in quegl’inni di Brandusia l’onde
Splendono ancor dopo tant’anni, ancora
54Il Lucretile amene ombre diffonde.
Oh come a tanti eletti Cigni allora
Eco fean lieta i colli e le beate
57Rive cui lambe il biondo Tebro e infiora!