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196 clemente bondi


canto secondo

1
Oh gran palagi d’allegrezza privi,
superbi invano di dorato tetto,
non è tra voi che i lieti pranzi avvivi
riso innocente, o semplice diletto;
che fuggon ratto timorosi e schivi
dalle noiose cure e dal dispetto,
che ognor con faccia nuvolosa intorno
fanno alle vostre mense il lor soggiorno.
2
Che importa a me che con esperta mano
gallico cuoco i cibi miei colori,
e alle vivande con ingegno strano
nuovi insegni a mentir dolci sapori?
Che importa che le mense a fasto insano
sassone argilla o sculto argento onori,
e che da mari e colli peregrini
mandi straniera vite eletti vini?
3
se poi nel pranzo e nella lauta cena
a stento gustar puoi quel che piú brami;
se poi, lasciando a parte ogni altra pena,
fa i convitati ognor miseri e grami,
e ogni gusto, ogni cibo ti avvelena
quel mostro, o furia o dea che tu la chiami,
quella che in guasta popolar favella
il buon lombardo «soggezione» appella?