Pagina:Poeti minori del Settecento I.djvu/271

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Non la rividi allor qual la perdei,
ma in tal atto amoroso e in tal sembiante,
che trasformati avria gli uomini in dèi.
Radendo agile il suol, m’apparve avante;
35e dove non so dir, né con qual arte

sostenesse librata ambe le piante.

Candide avea le vesti e all’aura sparte,
e tutta l’avvolgea cilestre un velo,
che trasparir lasciava ogni sua parte.
40Cosi la casta vergine di Delo,

tra nube fatta di vapor sottile,
pel notturno seren traspare in cielo.

Serbava il volto amabilmente umile
e dagli occhi umidetti un certo raggio
45sovrumano piovea e signorile;

che stata ne saria vinta al paraggio
la mattutina rugiadosa stella,
quando all’alba giá desta affretta il viaggio.
Tal la vid’io, oltre ogni creder bella,
50che l’aspetto divin mi tenne in forse,

e un sacro orror mi chiuse la favella.

Pur la conobbi, e ratto al labbro corse
la parola affannata, e dissi appena

— Laura... — e il labbro nel dir piú non trascorse.
55Rifulse in fronte piú che mai serena:

— Son io — rispose, e mi guardò pietosa —
i’ son colei, che ti die’ tanta pena.

Fin di colá ’ve in pace si riposa
mi prese del tuo duol pietá si forte,
60che ciò per te impetrai, che altri non osa.

Or m’odi, o sposo, e fia che ti conforte:
nel perdermi quaggiú, che mai perdesti?
cosa è di me, che fu soggetta a morte?

Oh ! se quel marmo, ove il mio fral chiudesti,
65ti concedesse al guardo un varco angusto,

quel che tanto ti piacque a schivo avresti.