Pagina:Poeti minori del Settecento I.djvu/275

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Amica notte, ah! se anco il tuo sereno
i’ guato, e basso il labbro mio si lagna,
quanto perdei non rammentarmi almeno!
70Ma tu, ’l cui fresco umor solo mi bagna,
spesso qualche ombra invii, che mi richiede:
— Infelice, dov’è la tua compagna? —
Ahi, che mei cerca ancor l’alba, se riede;
e il cuor si duole, e l’occhio si rattrista,
75che non puote additar ciò che non vede.
Quella imago, che un di pingea la vista
alla memoria, or la memoria a lei
pinger vorria, né però fede acquista.
Ben son gli oggetti inanimati quei
80(e il lor parlare a lor fede non toglie)
che fan la somma degli affanni miei !
Se veggio un olmo povero di foglie,
cui turbo reo divelse dalle braccia,
ed atterrò la pampinosa moglie,
85il miro sospirando e mesto in faccia;
che il nudo vegetabile marito
parmi che specchio e in un pietá mi faccia.
Se un fiore osservo, allora allora uscito
dal verde stelo, che piú odor comparte,
90che d’altri è piú di bei color vestito,
io penso: — Delle care membra sparte
chi sa che, all’aer commista o di sotterra,
qualche pingue noi nutra umida parte? —
Perciò m’inchino pianamente a terra,
95l’odoro, il bacio, e coglierlo non oso,
che al redivivo fior temo far guerra.
Ma tu, Zeffiro, tu, che in amoroso
vezzeggiar mi t’aggiri al volto intorno,
qual solevi ne’ di del mio riposo,
100quanto importuno or sei nel tuo ritorno!
Qual rimembranza tenera e crudele,
quale idea mi risvegli, ed ahi, qual giorno!