Pagina:Politici e moralisti del Seicento, 1930 – BEIC 1898115.djvu/299

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nota 293


Gio. Battista Bellagamba, 1608. — Dedicato all’illustrissimo signor conte Alfonso Laderchi». Vedi il Cinelli, Biblioteca volante2, IV, 389.

2. L’Alessandro o Della Pastorale, con tre egloghe dell’autore (l’Edulio, il Critio, e Dorinda), pubblicato da Giambattista Zuccoli, «nipote dell’autore», con dedica a Clemente Bartoli, «gentiluomo d’Urbino et insigne letterato». In Venezia, per Andrea Saba, 1613. — Citato dallo Zeno nelle note al Fontanini.

3. Dialoghi. (Della Detta e della Disdetta. Della Vergogna. Dell’Amore de’ Platonici et del Petrarca. Della Gelosia. Del buon dí, Della Pastorale). In Perugia, appresso Annibale Aluigi et fratelli, 1615. — Dedicato da Urbino, 15 agosto 1614, «al molto illustre signor Antonio Miglioree signor Clemente Bartoli»: il primo era «gentiluomo et canonico di Ascoli», il secondo «gentiluomo di Urbino». Comprende anche i due dialoghi precedenti con qualche modificazione.

4. Considerationi Politiche e Morali sopra cento oracoli d’Illustri Personaggi antichi ... nelle quali con insegnamenti di Aristotile, con autoritá di Cornelio Tacito e d’altri scrittori politici, si discorre di varie materie pertinenti al governo degli Stati, alla introdottione de’ buoni costumi et alla cognitione dell’Historia. In Venetia, appresso Marco Ginami, 1621. — L’autore nel frontispizio è detto «Ludovico Zuccolo Academico Filopono di Faenza»; e cosí nei segg. nn 5-6. Il volume è dedicato «all’ill.mo e Rev.mo Cardinale Luigi Capponi». A pp. 54-73 si trova, nell’oracolo XI, il discorso della Ragion di Stato, di cui si possiede la citata traduzione latina del Garmers (Amburgo, 1663).

4 bis. Considerazioni Politiche e Morali etc. (c. s.) rivedute e corrette, et aggiuntavi una breve risposta alle Oppositioni dell’Accademico Pellegrino. All’illustrissimo signor Gio. Vincenzo Imperiale. In Venetia, appresso Marco Ginami, 1623 (seconda edizione). — Per l’occasione della risposta, v. al n. 5. In essa, oltre a ribattere censure relative alla forma frammentaria, alla lingua e allo stile dell’opera, lo Z. dice tra l’altro: «Ch’io discorra poi di amministrazioni di repubbliche e di regni senza aver mai governato, non fa caso, purché non parli a caso. Se l’avere uditi maestri valenti, l’avere letti buoni libri, e l’essere a lungo vivuto appresso prencipe giudicioso e saggio non mi hanno reso atto a governare, mi avranno almeno fatto capace delle ragioni del governo. Ch’io sia piú oscuro nelle materie piú alte che nelle piú triviali, forse non da me, ma dalle istesse materie deriva. Ch’io mi vaglia piú d’esempi antichi che di moderni, denota ch’io abbia avuto piú copia di quelli che di questi, o ch’io abbia dubitato di poter talora dispiacere con i moderni, ma non mai con gli antichi. Che i personaggi, sopra i detti dei quali io prendo a discorrere, sieno diversi di lingua, di costume o di condizione, non conosco quello che si rilevi, purché gli oracoli sien tutti politici o morali. Ch’io sia poco amico a’ Leggisti e alle Leggi, io non so vederlo, se non mi si mostra. Chi