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nota 309


(1634), poi a personaggi di Plutarco, come nel Coriolano (1648) e nell’Alcibiade (1648), o della storia sacra, come nel David perseguitato (1634). Né tenne troppo diverso procedimento quando il suo servizio nella corte di Spagna lo spinse a trattare di storia contemporanea, nel Ritratto del «privato» politico cristiano, estratto dall’originale di alcune azioni del conte-duca di San Lucar (1635), nei Successi principali della monarchia di Spagna nell’anno 1639 (1640), nella Introduzione al racconto dei principali successi accaduti sotto il comando di Filippo IV (1651) e nella Storia di Spagna sotto Filippo III e IV, scritta, come originariamente i Successi, in ispagnuolo e di cui la prima parte fu poi stampata in Ispagna1) e la seconda si serbava inedita in Bologna insieme con una storia della Guerra del Palatinato2.

Baltasar Gracian, che lo giudicava «un Seneca que historia y un Valerio que filosofa»3), mostrava di far gran conto dello scrittore bolognese suo contemporaneo: e del Romolo e Tarquino scriveva che «en la profundidad, en la concision, en la sentencia dexa atras muchos poemas», e che di esso «se puede decir con verdad que nihil molitur inepte, pues no tiene palabra que no encierre un almo, todo es viveza y espiritu»4. Al Malvezzi, del resto, non solo è comune una certa aria di famiglia con l’autore dell’Oraculo manual, a cui certamente egli fu di modello: ma gli si può attribuire anche una piú larga efficacia su certe forme che assunse la contemporanea letteratura spagnuola5.

  1. Inclusa in J. Janez, Memorias para la historia de Felipe III (Madrid, 1728).
  2. Per tutta questa bibliografía vedi il Fantuzzi, l. c., al quale si rimanda anche per altri minori scritti. Per le edizioni da noi consultate v. a p. 256 del presente volume.
  3. Agudeza y arte de ingenio (1642), discorso 52 (in Obras, Barcelona, 1700, II, 335 )
  4. Ivi, disc. 35 (II, 298); e, per una citazione, cfr. Criticon, II, 2 (I, 162).
  5. Il Luzán, nella sua Poetica (1737), riferiva al Malvezzi l’introduzione in Ispagna del «cultismo». Ma giá nel 1659 lo Chapelain avvicinava per questa parte gli spagnuoli allo scrittore italiano: «Généralement, les modernes espagnols ont corrompu leur style et sont tombés dans les figures bizarres et forcées dont vous accusez celui-ei (Gracian), justement come les Italiens modernes ont fait sur le modèle de Malvezzi. Quevedo est assez de ces gens-lá, quoiqu’un peu moins que la plus part des autres» (lett. allo Spanheim da Parigi, 21 dicembre 1659, in Jean Chapelain, Lettres, ed. Tamisey de Larroque, Paris, 1883, II, 75). Per un altro accenno al Malvezzi, e al modo in cui questi «accablait» la storia «de réflexions ambitieuses», v. ivi, p. 45 (lett del 27 giugno ’59).