Vai al contenuto

Pagina:Politici e moralisti del Seicento, 1930 – BEIC 1898115.djvu/96

Da Wikisource.
90 ludovico settala


LIBRO TERZO

DELLA RAGION DI STATO DEGLI OTTIMATI

Proemio.


Si meravigliò Senofonte, nel principio dell’Istruzione di Ciro, che di tante republiche che nella mente si rivolgeva, cosí poche si fossero a lungo andare conservate; o che fossero da pochi, o da molti governate: e ricercatane con ogni diligenza le cagioni, pensò di tal cosa non altra essernela che gli errori commessi da coloro, a’ quali è concessa la somma dell’imperio, e che governano; e il degenerare da quelli ordini, che bene da principio furono istituiti: essendo che la superbia, l’oro, l’intemperanza, l’ambizione, l’avarizia e la negligenza fa che lo stato della repubblica si corrompa, e si muti in altra forma, per lo piú degenerando nella contraria. Il qual parere molto piú mi piace, che quello di Platone (benché in ciò seguito da Cicerone), che nell’ottavo della Republica disse che, ancorché la republica fosse benissimo regolata e fondata in ordini perfettissimi, e ornata di giustissime leggi, alla fine però si farebbe guasta e disciolta, non potendo cosa alcuna perpetuarsi, che abbi avuto principio. Imperciocché, se in qualche maniera si potesse ottenere che i cittadini di continuo bene operassero e seguitassero le cose oneste e fuggissero le brutte, perpetua sarebbe la buona republica, purché quelli che la governano sostenessero il popolo sdrucciolante: perché si come dalle loro cupiditá tutta la cittá s’infetta di vizi, cosí si emenda e corregge con la continenza. Conciosiacosa che non vi è cosa che piú conservi e renda stabile l’unione de’ cittadini, che la virtú e gli ottimi costumi e le buone regole di coloro che reggono; le quali non solo conservano le cose del popolo, ma ancora fanno perpetue le republiche e accrescono mirabil-