Pagina:Polo - Il milione, Pagani, Firenze 1827, II.djvu/437

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mangiano riso latte, e vino, e hanno degli albori, come di sopra s’è dello nel capitolo di Samara. Oltre di ciò v’è un’altra cosa maravigliosa, cioè, che in questa provincia cavano farina d’arbori 77° ? perchè hanno una sorte d’arbori grossi e lunghi, alli quali levatali la prima scorza, che è sottile. si trova poi il suo legno grosso intorno intorno per tre dita, e tutta la midolla di dentro è farina come quella del carvolo E sono quegli arbori grossi, come potriano abbracciare due uomini: e mellesi questa farina in mastelli pieni d’acqua, e menasi con un bastone dentro alf acqua, allora la semola, e l’altre immondizie vengono di sopra, e la pura farina va al fondo. Fatto questo si getta via l’acqua, eia farina purgata, e mondata che rimane, s’adopra, e si fanno di quella lasagne, e diverse vivande di pasta, delle quali ne ha mangiato più volte il detto M. Marco, e ne portò seco alcune a Venezia, qual’è come il pane d’orzo, e di quel sapore. Il legno ^ di quest’arbore l’assomigliano al ferro, perche gettato in acqua si sommerge immediate, e si può sfendere per diritta linea da un capo all’altro, come la canna: perchè quando s’ha cavata la farina, il legno come s’è detto, riman grosso per tre dita; del quale quelle genti fanno lancio piccole, e non lunghe, perchè se fossero lunghe, niuno le 770. Farina d’arbori (V. 1.1. p. i65.11,). Il B. Odorico dice che nella Giava Maggiore: » habenlur arbores producentes farinam.... arbores vero hoc modo farinam producunt. Magnae autcm sunt, non multae tamen altitudinis, quae circa pedem incidunt et vulnerante quia liquor inde egreditur in modum collae. Hunc pónent in sacris de foliis factis, sicque in sole per XV. dies masi net, et tunc ex tali liquore farina facta est. Henc in aquam maris per duos s> dies ponunt. Deinde iavant dulci aqua, et sic oplimam faciunt pastam, de qua faciunt quidquid volunt, panem videlicet multum bonum; etcibos, hujus ausi tem pania, exterius pulcher est, interius aulem aliquantulum niger, de quo ego frater Odoricus jam comedi: et haec omnia propriis oculis vidi » (1. c. p. 60) Questo modo di fare la farina di Sago tanto conforme a quello che raccontò il Crisp al Marsden (n. 1233.) dimostra I’ autenticità della relazione del B. Odorico. (V. t. I. p. iò5. n.) 771. Cartolo. Questa voce non è toscana, ne so comprenderne il significalo; la Crusca parla del seme di Carvi, droga medicinale, dietro l’autorità del Kicettario F iorentino. 772. IL legno • Il Marsden dice che il Polo è incorso in errore, che il legno che serve agli usi qui descritti non è dell’albero che dà il Sago, ma d’un altro palmifero che i Gìauanesi e i Sumatrani appellano Aiborg c i naturalisti Carj oto urens (n. iz$5).