peratore de’ Romani, c degli altri re, e principi cristiani, «
della grandezza, costumi, e possanza loro, e come nei suoi
reami, e signorìe osservavano giustizia, e come si portavano
nelle cose della guerra. E sopratutto gli domandò diligentemente del Papa de’cristiani, delle cose della chiesa, e del cnlto
della fede cristiana. E M. Niccolo, e M. Mafiio come uomini
savi, e prudenti, gli esposero la verità, parlandoli sempre bene,,
e ordinatamente d’ogni cosa in lingua tartara, che sapevano benissimo. Per il che spesse volte detto Gran Can comandava, che
venissero a lui, e erano molto grati avanti gli occhi di quello.
Avendo adunque il Gran Can inteso tutte le cose de’Latini,
fcome li detti due fratelli gii avevano saviamente esposto, si era
molto soddisfatto, e proponendo nell’animo suo di volerli mandar’ ambasciatori al Papa, volse aver prima il consiglio sopra di
questo de’ suoi baroni • e dopo chiamati a se i detti due fratelli,
gli pregò, che per amor suo volessero andar al Papa de’Romani, con uno de’ suoi baroni, che si domandava Chogatal, a pregarlo, che gli piacesse di mandargli cento uomini savi, e bene
istrutti della fede cristiana, e di tutte le fette arti, i quali sapessero mostrare a suoi savi, con ragioni vere, e probabili, che la
fede de’cristiani era la migliore, e più vera di tutte l’altre. E
cheli dei de Tartari, e li suoi idoli, quali adorano nelle loro
case erano demoni, e che egli, e gli altri d’Oriente erano ingannati nell’adorare de’ suoi dei; e oltre di questo commisse
a detti fratelli, che nel ritorno li portassero di Gierusalemme
dell’ol io delia lampada, che arde sopra il sepolcro del nostro
Signor M. Gesù Cristo, nel quale aveva grandissima devozione,
e teneva quello essere vero Iddio, avendolo in somma venerazione. M. Nicolò, e M. Maffìo udito quanto gli veniva comandato, umilmente inginocchiati dinanzi al Gran Can, dissero,
di’erano pronti, e apparecchiati di far tutto ciò che gli piaceva. Qual li fece scriver lettere in lingua tartaresca, al Papa
di Roma, e gliele diede. E ancora comandò, che lì fosse data
una tavola d’oro, ‘4 nella qual’era scolpito il segno reale, secondo l’usanza della sua grandezza: e qualunque persona, che
L’uso rìi scrivere in lame d’oro ordini importanti, mantiensi tuttora in
•Jriente. Nel a R Biblioteca di Dresda evvi una lettera in caratteri Malesi scritta
’- un Rajà al governatore Olandese di Batavla sopra una lama d’oro.