Pagina:Praga - Memorie del presbiterio.djvu/219

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«Entrai nel salotto e mostrai senza dir nulla la cartolina al dottor De Emma: egli trasalì e mi avvidi che divideva il mio parere.

Dissi:

« — La mando a spasso.....

«E mi avviai per eseguire il proposito.

«Il dottore mi trattenne.

« — Datele un qualcosa d’innocuo: bisogna andar a fondo di questa faccenda; forse arriveremo in tempo di evitar una grossa disgrazia.

«Obbedii, e quando tornai nel salotto non ci trovai più il dottore. Era uscito per la porticina del cortile.

«Pensai ch’egli avesse tenuto dietro alla vecchierella, e mi domandai se anch’io non farei bene di imitarlo.

«Capirete, nella nostra professione, un po’ di polizia non nuoce.

«Lasciai la serva del principale a guardar la farmacia e via di corsa.

«Non durai fatica a raggiungerli.

«C’era una luna splendida; la donniciuola trotterellava a stento contro il muro rischiarato: il dottore la seguiva nell’ombra dall’altra parte della strada.

«Io dietro a loro, a una quindicina di passi.

«Attraversammo la città quant’è larga: la vecchia infilò il ponte della Gora, entrò nel sobborgo, svoltò in una viottola, a destra, che sbuca nei prati del castello, poi rasentò la lunga fila di catapecchie dove abitano lavandaie e finalmente si arrestò davanti a una piccola e lurida casupola a un solo piano.

«La facciata volta a settentrione rimaneva nell’ombra meno un piccolo finestrello all’altezza di un uomo, dai vetri quasi tutti fessi e rattoppati di carta bianca ma illuminata internamente.