Pagina:Praga - Memorie del presbiterio.djvu/239

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Ma era appena entrato il brigadiere, che intendemmo il comando ed un alterco. Accorremmo.

Beppe era in casa! Ritto in capo alla scala, coll’aria sconvolta, l’occhio smarrito e minaccioso, spianava una carabina di custode in faccia agli agenti della forza publica gridando:

— Indietro, indietro.

Il brigadiere s’era fermato al primo gradino e, senza punto sgomentarsi, coll’aria di chi ha da far con un ragazzo, dicevo risoluto:

— Giovinetto, giudizio! Abbassate quell’arma e venite con noi.

— Vengo, ma ad un patto.

— Ma che patto!

— Vo’ sapere se colui è morto e vo’ vedere il cadavere.

— Andiamo, andiamo, sclamò seccato il brigadiere e si moveva.

Poteva nascere disgrazia.

Mi lanciai e lo trattenni.

— Lasciate ch’io gli parli, dissi.

E fattomi innanzi:

— Beppe, volete darmi retta a me?

Mi ravvisò, e togliendosi con moto istintivo la berretta:

— Sì, signor pittore.

— Ebbene, obbedite al brigadiere, sarà pel vostro meglio, — e la giustizia terrà conto dei vostri dolori.

— Signor pittore, ditemi che il sindaco è morto ed io vengo dove vogliono.

Ci teneva alla sua vendetta.

— Il sindaco non è morto ma non tarderà ad esserlo.