Provvedi, amica, sí com’è tuo stile
che di soavi godimenti mesti
fai tremar l’alma e in animo gentile
ogni pensier piú desolato vesti;
se alcun mio canto, in che ti manifesti,
dritto ti parve non tenerlo a vile,
provvedi, amica (e non sia tardo), a questi
ultimi dí del mio cadente aprile.
So che da te si move ogni armonia
di veritá, che come il tempo dura
e come la immortale anima mia.
E so che, se i begli occhi in me tu giri,
rimarrá forse nell’etá ventura
qualche parte di me ne’ miei sospiri.
3
Qualche parte di me; però che il vano
desio, la folle speme e il cieco amore
dormiran muti nel funereo piano,
come questa infedel creta che muore.
Spero soltanto che con senso umano
talun di me favelli. E, quando il core
gli anderá mesto dietr’un ben lontano,
goda di conversar col mio dolore.
Dolor vestito in abito diverso,
ma mio pur sempre, e in me riverberato
dal vario lacrimar dell’universo.
Talché il mio nome non andrá lodato
per la dolcezza del leggiadro verso,
ma forse per quell’aura ond’egli è nato.