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Pagina:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. I, 1916 – BEIC 1901289.djvu/193

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viii - il conte rosso 187



     Ma talora i cervi snelli
125gli rivengono al pensiere,
e, i piniferi castelli
ritornando a visitar,
     stacca l’arco ed il carniere
dalle vacue avite sale,
130e sui greppi il noto strale
torna orrendo a sibilar.


               Prepara un feretro,
          azzurra prole!
          D’Hington la gloria
          135passata è giá.
               Lasciate i vertici,
          o cavriole:
          egli a trafiggervi
          piú non verrá.


     140Squilla il corno, e, armato d’azza,
vien Pembrocco al terzo assaggio:
a lui serve un’umil razza
sparsa intorno al Devonsir.
     Quand’è in guerra o fa viaggio,
145menan festa i suoi vassalli;
ma il silenzio è nelle valli,
quando arriva il fosco sir.


     All’oltraggio il persuade
sempre un dèmone maligno,
150e ove son piú folte biade
cavalcando a furia va,
     e col perfido sogghigno,
perché l’onta ancor piú gravi,
ei dimanda dagli schiavi
155la canzon di libertá.