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188 vi - dai «nuovi canti»



               Ma nelle torbide
          pupille ardenti
          la vita al despota
          langue e dispar.
               160Sonate a giubilo,
          boschi e torrenti!
          L’inno dei liberi
          s’oda echeggiar.


     Or dunque la gioia non fu d’Inghilterra
165tre solchi di sangue coloran la terra,
tre corpi di prodi la Morte eredò.
     Al tacito e bello guerrier savoiardo
sorride ogni dama, festeggia ogni bardo:
le spoglie del lutto Rosburga lasciò.


     170Sue grazie reali re Carlo dispensa,
a prenci e baroni bandita è la mensa,
sonante è la reggia di plauso guerrier.
     Dagli atrii alle piazze si canta il torneo,
si chiedono gli anni del forte Amedeo,
175gli arditi sembianti si voglion veder.


     Or voi, savoiardi del tempo novello,
il nome e la storia del vostro fratello
recate sui labbri, pensate nel cor.
     Degli ozi blanditi non sente l’inganno,
180non sente la fede dei dí che verranno
chi l’opre non cura del patrio valor.


     E voi, che languite scorati e pensosi,
poeti d’Italia, dai lunghi riposi
sorgete una volta, sorgete a cantar.
     185Tendete concordi l’orecchio devoto,
ché un eco possente del tempo remoto
susurra sull’alpe, passeggia sul mar!